La prima recensione che scrissi
sul vecchio blog (vedi post iniziale) e che è andata perduta riguardava Paura della libertà di Carlo Levi. Difficile
ricostruire per intero i concetti là espressi, ma alcuni dei seguenti è verosimile
ci fossero.
Quando lo lessi ero ancora adolescente e
fino ad allora avevo letto solo libri per ragazzi e qualche giallo. In qualche
modo cambiava il mio approccio alla lettura, non era più solo il piacere di
leggere, ma anche il desiderio di conoscere e confrontarmi con altre idee. Ero
al terzo anno di scuola superiore e presi il libro dalla biblioteca di
istituto, resa finalmente accessibile. La professoressa di Lettere, come per
altre letture successive, mi sconsigliò di leggerlo, ero ancora troppo giovane.
Non le diedi ascolto e oggi, dopo essere stato nella sua stessa posizione, pur
riconoscendo alla prof tanti pregi, penso che feci bene. Troppo banale pensare
che ogni messaggio ha tassativamente la sua età. E’ vero, non ero ancora pronto
a comprendere a fondo quel libro e quello stile, molto filosofico, un po’
surreale, da artista, ma ritengo che, in certi casi, anche su un testo complesso
ci si possa sbattere il muso: non avrò inteso completamente il messaggio
dell’autore, ma è stato come scrivere un mio libro, ridurre quelle parole al
mio pensiero in erba, aiutando la sua formazione, ed è tanto. E’ vero che ogni
lettura, ogni libro, diventa in fondo il nostro libro, nella lettura è come se avvenisse
una riscrittura (lo pensava anche Leopardi), e ciò è ancora più vero in età
“immatura”. Un po’ ti dà il libro, un po’ ti dai da solo speculando su quello
strumento. Ciò di cui hanno paura tanti docenti, che arrivi un messaggio
“distorto”, in realtà è la nostra rielaborazione, l’esercizio che forma la
creatività e lo spirito critico.
Tale assunto vale anche per le letture
immediatamente successive, alcune ancora più incisive per la mia formazione,
cito Il mondo nuovo di Aldous Huxley,
Vita di Gesù di Daniel Rops, L’avventura d’un povero Cristiano di Ignazio
Silone…
E’ bene peraltro valutare i consigli, ma
penso che un ragazzo con una certa personalità voglia sperimentare da se,
scegliere e sia consapevole di cosa gli interessa assorbire.
Nel caso di Paura della libertà la lettura fu piuttosto impegnativa, ma mai
pensai di abbandonarla (ancora oggi seguo la regola di andare fino in fondo con
un libro iniziato e cito sempre alcuni mattoni
che ho portato fino in fondo stoicamente). Un’altra abitudine che iniziai
allora è quella di segnare i punti che mi colpiscono o mi interessano per una
serie di motivi, durante la lettura.
Ma il libro di Levi fu in qualche modo
sconvolgente. Allora denso di una religiosità meno critica di oggi, restai turbato
da certe tesi sacrosante o meno di Levi, per questo la riduzione della lettura al
mio pensiero fu ancora più consapevole.
Entrare nella biblioteca scolastica
appena resa agibile fu un rito emozionante, dover scegliere un solo libro tra
tutti quelli presenti, che limite! Quel titolo fu il motore: sì, c’è paura
della libertà, ognuno ha la sua paura e magari io vedevo solo quella degli
altri, pur avendo le mie, il libro le smascherava e per certi versi fu imbarazzante.
Riporto qui, corretti, gli appunti che
presi allora, non necessariamente citazioni pedisseque del testo.
Questa lettura e questi appunti diedero
luogo anche a dei versi che rivelano gli stati d’animo appena descritti.
Ab Jove
principium
La paura della donna è un sacro spavento:
perché nell’atto amoroso si perde ogni memoria personale, per reimmergerci nella
universale indistinta memoria delle acque del caos.
Sacrificio
E’ l’origine magica dei voti, dei
divieti, delle proibizioni di certi atti, da certi cibi, dai contatti sessuali
con le donne fatte sacre dalla gravidanza o dal parto recente. Per questo certe
parti del corpo diventano sacre, pudente, non nominabili, e devono essere
nascoste.
Amor sacro
e profano
Solo l’eterna notte senza fine è il sacro
informe d’amore: e il viso della donna amata ha il calore della notte. Il suo
potere sconfinato è impotenza. Poiché l’uomo qui anela a essere tutt’uno con la
donna, con tutte le donne, in una indifferenziata sessualità, e a perdersi in
questa fusione, ed egli stesso non sa distinguersi dall’altra, ne amorosamente
limitare la sua persona, gli dei di questo spavento saranno essi sessualmente
indeterminati e doppi, o per converso eccessivamente maschili e femminili.
Perciò, nelle mitologie più antiche coesistono dei ermafroditi e mutevoli, con
altri, tutti sesso, erezione ed orgasmo. Il rito essenziale di queste religioni
sarà la castrazione e più civilmente la castità, oppure gli smisurati ciechi
amplessi dei templi.
Schiavitù
L’incerto ineffabile della scoperta
femminile diventa tirannia, feticismo, sadismo.
Le muse
La vera lingua viva nasce più lentamente,
col farsi adulta della persona, con la scoperta del mondo, che non appare
evocato al suono di una preghiera, ma s’apre e si forma al caldo d’amore.
Sangue
Il sangue è vergognoso: la donna sarà
immonda per sette giorni, e intoccabile. Il sangue è sacrificio necessario per
ogni vita. E’ la vita stessa: la donna, questa metà sacra dell’uomo, deve
versar sangue per conoscere l’uomo e per generarlo. Le sacre nozze non sono
vere senza sangue: mariages, non matrimonia. Si espongono le lenzuola
insanguinate, e questo solo per permette agli angeli matrimoniali di nascere e
benedire realmente l’unione.
Massa
Ma questa insistenza è il confine
negativo di ogni vivente individuazione; è la condizione caotica di ogni
nascita; la cava grotta d’amore.
Storia
sacra
La coscienza morale era in lui: egli
sapeva che i frutti erano buoni, sapeva che la donna era “osso della sue ossa,
carne della sua carne”, sapeva che “l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si
atterrà alla sua moglie, ed essi diventeranno una stessa carne”. Il suo amore
non è più amore, ma tirannia e servitù d’amore: “i tuoi desideri dipenderanno
da tuo marito, ed egli signoreggerà sopra di te”. La generazione non sarà più
felicità, ma sforzo e dolore fra la potenza e la separazione: “partorirai con
dolore”.
Paura
della pittura
– 1942 –
Il senso dell’esistenza come creazione,
dell’identità dell’uomo con il mondo di ogni relazione come atto d’amore, fa,
di ogni segno, pittura.
In realtà questa libertà è molto legata
all’amore e al sesso che ne è parte: paura dell’amore.
Questo libro è la chiave che conferma
anche al fanciullo che i suoi turbamenti non sono un unicum, ma riguardano gli
uomini e le donne, nella loro uguaglianza/disuguaglianza.
Molte delle contraddizioni della vita
umana sono qui. La donna che ha un immenso potere naturale, forse ne è anche
consapevole, ma lo utilizza in piccola parte e non in modo decisivo, altrimenti
ci sarebbe il matriarcato e forse il
mondo sarebbe migliore di come è.
Queste paure, sono davvero dei lacci stretti intorno alla nostra vita, la
limitano in maniera enorme, l’esistenza dei ruoli limita la libertà di tutti,
eppure prevale l’irrazionalità ed essi sopravvivono.
Einaudi (1946), pagg. 134